@enio-solino16 marzo, 2020
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Introduzione all'HPLC

Un piccolissimo contributo per la conoscenza di questa tecnica analitica che tante soddisfazioni mi ha dato per 32 anni di lavoro 

Benvenuti  nel MIO sito dell' HPLC  

Inquesta pagina , spieghiamo un po di Teoria     

TEORIA
 

HIGH PERFORMANCE LIQUID CHROMATOGRAFIA


 Negli ultimi anni la tecnica cromatografica su colonna ha subito modifiche sostanziali dando luogo alla cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC - High Pressure Liquid Chromatography). La cromatografia liquida è stata una tecnica per il trattamento di un campione, e la cui lentezza era connessa alla necessità di usare colonne di grande diametro per la mancanza di sistemi di rilevazioni universali altamente sensibili e con piccoli volumi morti. Di conseguenza, la cromatografia liquida è sempre stata una tecnica d’impiego preparativo, non analitico, con la sola eccezione dell’analisi di miscele di amminoacidi, per i quali è stato possibile adottare un opportuno sistema di rilevazione. Negli ultimi anni si sono resi disponibili anche per la cromatografia liquida dei rilevatori universali con piccoli volumi morti ( basati sull’assorbimento di luce UV o Visibile, sull’indice di rifrazione, sul calore di assorbimento, sulla conduttività e sulla fluorescenza ) ed essa è diventata una tecnica diffusa. Nella cromatografia liquida ad alta pressione vengono usate delle colonne di diametro molto piccolo, dell’ordine dei millimetri. Per analizzare piccole quantità di campione, devono anche essere impiegati dei riempimenti costituiti di particelle di piccole dimensioni; per rendere rapide le analisi si impiegano inoltre alte pressioni per il liquido di eluizione. La possibilità, nella cromatografia liquida ad alta pressione, di variare entro limiti molto ampi sia la fase stazionaria, sia il liquido di eluizione, rende questa tecnica estremamente versatile e destinata ad uno sviluppo sempre maggiore.
 

Il piatto teorico di una colonna cromatografia corrisponde a quel tratto di colonna nel quale una specie chimica si trova in equilibrio fra le due fasi (stazionaria e mobile) prima che l’eludente la trascini ad uno stadio successivo.
Il numero di piatti teorici (N) caratteristici di una colonna è dato dalla relazione:
                                                           

                                                N= TrW216


Dove W è l’ampiezza del picco e Tv è il tempo di ritenzione, in altre parole il tempo che intercorre fra il momento dell’iniezione e la cresta del picco.
Se si usa, nell’equazione precedente, al posto di Tv il tempo di ritenzione corretto (ovvero il tempo di ritenzione relativo fra il picco in analisi e il picco di una sostanza non trattenuta, che quindi esce subito dalla colonna), che chiameremo Tr1, otteniamo l’equazione esprime il numero di piatti effettivi

                                                   N1. TrW216effN =1


Di significato analogo a N è anche l’altezza equivalente del piatto teorico HEPT (abbreviato con H) che si esprime come riportato nell’equazione seguente.effH=LNeff L’esperienza dimostra che l’efficienza di una colonna è direttamente collegata al numero di piatti teorici. Con l’aumentare di questi ultimi i diversi componenti di una miscela escono dalla colonna in bande più compatte. Per migliorare l’efficienza di una colonna, bisogna quindi fare in modo che il numero di piatti N sia più grande possibile. Ciò può essere conseguito o aumentando la lunghezza della colonna od ottimizzando tutti quei parametri che determinano il valore di N (e quindi anche di H), primo fra tutti la velocità lineare (in mm/sec) della fase mobile. Quest’ultimo parametro può anche essere espresso in termini di flusso (ml/min).   I primi sviluppi positivi nella cromatografia liquida furono fatti dopo che si ipotizzò e si costatò che la diminuzione dello spessore del piatto teorico si poteva ottenere impaccando la colonna con particelle di diametro più piccolo. Solo alla fine degli anni ’60 è stata sviluppata una tecnologia adatta alla fabbricazione di particelle di grandezza variabile dai 5 ai 10 μm per impaccare le colonne. Il nome di High Performance Liquid Chromatography (HPLC) serve quindi a distinguere questa nuova tecnologia cromatografica dalla cromatografia classica, ormai usata quasi esclusivamente per scopi preparativi.


I cinque tipi di HPLC più usati che comprendono:
1) Cromatografia di ripartizione o cromatografia liquido-liquido
2) Cromatografia di adsorbimento o cromatografia solido-liquido
3) Cromatografia a scambio ionico
4) Cromatografia di permeazione gel
5) Cromatografia di gel-filtrazione

Avolte i vari tipi di cromatografia liquida tendono ad essere complementari. Per esempio, per analiti che hanno peso molecolare più grande di 10000 sono spesso usati due tipi di cromatografia di esclusione: la permeazione nel gel per specie non polari e la gel filtrazione per composti polari o ionici. Per specie ioniche che hanno peso molecolare più basso, il metodo di scelta è generalmente la cromatografia a scambio ionico. Specie piccole, polari ma non ioniche sono trattate con la cromatografia di ripartizione. Per la sua versatilità e ampia applicabilità l’HPLC è attualmente una delle tecniche di separazione più ampiamente usate a scopi qualitativi e quantitativi.

Nella moderna cromatografia liquida, sono richieste pressioni di pompaggio di diverse centinaia di atmosfere, per raggiungere velocità di flusso sufficienti a permettere una buona separazione in colonne impaccate con particelle di diametro variabile dai 3 ai 10 μm. Come conseguenza l’equipaggiamento di una moderna apparecchiatura per HPLC è notevolmente più costoso rispetto a quello della cromatografia classica. La Figura 2 mostra i più importanti componenti di un tipico strumento per HPLC.

I SISTEMI DI POMPAGGIO


Le caratteristiche cui devono soddisfare le pompe impiegate per l’HPLC sono molto restrittive e includono:
o Generazione di pressioni maggiori di 6000 psi (lb/in2)
o Non generare un pressione pulsatile in uscita
o Velocità di flusso variabili in un range di 0.1-10 ml/min
o La riproducibilità del flusso non deve variare più dello 0.5%
o Resistenza alla corrosione verso una grande varietà di solventi


Le pompe a pistone sono quelle più comunemente usate e sono costituite da una piccola camera cilindrica che è riempita e vuotata dal movimento di un pistone. Il pompaggio produce un flusso pulsatile che deve essere successivamente linearizzato. I vantaggi delle pompe a pistone sono un piccolo volume interno, la capacità di generare alte pressioni in uscita (superiori a 10000 psi), rapida adattabilità al cambiamento dei gradienti nel corso dell’analisi, flusso costante e inoltre sono molto poco sensibili alla viscosità del solvente e alla pressione in testa alla colonna.

Un moderno apparato per HPLC è equipaggiato con uno o più contenitori in vetro o acciaio, generalmente bottiglie, contenenti 500 ml o più di solvente. In genere sono presenti dei dispositivi per degassare i solventi e le soluzioni eluenti ed eliminare eventuali particelle indisciolte. La preparazione della soluzione e la sostituzione di un contenitore di solvente, producono bolle e scorie, che se entrassero in colonna potrebbero causare uno slargamento delle bande; inoltre si avrebbe anche una compromissione dell’efficienza del sistema di pompaggio. Io preferivo degasare prima di utilizzare la FM nel Reservoir e preferivo utilizzare un solo solvente perchè le fasi mobili fossero sempre le stesse in % e i campioni non ne avessero influenza sul tempo di ritenzione.

 

SISTEMA DI INIEZIONE DEL CAMPIONE
Sebbene nella cromatografia in fase liquida sia spesso usata l’iniezione tramite siringa attraverso un setto costituito di materiale elastomero, questa procedura non è molto riproducibile e si può usare solo a pressioni di lavoro inferiori a 1500 psi. Nella iniezione stop-flow il flusso del solvente viene bloccato per permettere l’asportazione di una piccola quantità di solvente in testa alla colonna e il caricamento del campione, sempre in testa, tramite una siringa. Comunque il metodo di caricamento più usato in HPLC è quello che usa il sampling loop, come mostrato in Figura 4. Questi dispositivi sono equipaggiati di loop intercambiabili di capacità variabile dai 5 ai 500 μl. La caratteristica principale del sistema di iniezione tramite loop è l’alta riproducibilità dei volumi iniettati.

Io avevo un autosampler ma il principio era sempre lo stesso si iniettava il sample dentro un loop prestabilito. Il vantaggio era che l'iniezione avvenisse sempre in maniera uniforme, senza microbolle e prelevando da microcontenitori tappati (vials). Mentre l'analisi si svolgeva si poteva dedicare tempo all'integrazione o alla preparazione di campioni.

 

COLONNE PER HPLC
Le colonne per HPLC sono di solito costruite in acciaio, ma esistono anche in vetro ricoperto di metallo impiegate soprattutto quando si lavora a pressioni inferiori a 600 psi. La lunghezza delle colonne varia da 10 a 30 cm e il diametro interno da 4 a 10 mm. Le colonne sono generalmente impaccate con particelle di diametro variabile dai 5 ai 10 μm. Colonne di questo tipo arrivano generalmente a contenere dai 40000 ai 60000 piatti per metro di lunghezza. Recentemente sono state introdotte sul mercato microcolonne lunghe dai 3 ai 6.5 cm e aventi un diametro interno variabile da 1 a 4.6 mm. Queste colonne che sono impaccate con particelle di diametro variabile dai 3 ai 5 μm, contengono più di 100000 piatti per metro e hanno il vantaggio di una maggiore velocità operativa e di un minore consumo di solvente. Quest’ultima proprietà è di notevole importanza perché i solventi ad alta purezza richiesti per questo tipo di cromatografia sono molto costosi. Con questo tipo di colonne vi sono esempi di separazione di 8 composti in un tempo di 15 secondi con una colonna lunga 4 cm con un diametro interno di 4 mm e impaccata con particelle di 3 μm di diametro. 6 Il più comune materiale usato per impaccare le colonne per HPLC è la silice, preparata per agglomerazione di particelle di diametro inferiore al micron sotto condizioni che portano a particelle più grandi con diametri altamente uniformi. Le particelle risultanti sono spesso rivestite con sottili film di composti organici, che sono legati alla superficie tramite legami chimici o fisici. Altri materiali usati per impaccare le colonne sono le particelle di albumina, di polimeri microporosi e resine a scambio ionico.

 


PRE COLONNE
Spesso, per aumentare la vita di una colonna analitica, in testa ad essa è applicata una colonna di guardia che rimuove dai solventi particelle indisciolte e contaminanti. Inoltre nella cromatografia liquido-liquido, la colonna di guardia serve a saturare la fase mobile con la fase stazionaria così che sia minimizzata la perdita di fase stazionaria dalla colonna analitica. La composizione di una colonna di guardia dovrebbe essere simile a quella della colonna analitica; la grandezza delle particelle è comunque maggiore per minimizzare la caduta di pressione agli estremi.

RIVELATORI
Per l’HPLC non sono disponibili rivelatori universali ed altamente sensibili come quelli impiegati per la gas cromatografia. Quindi il sistema di rivelazione usato dipende dalle esigenze dettate dalla natura del campione. I rivelatori più ampiamente usati per la cromatografia liquida si basano sulla misura dell’assorbimento della luce ultravioletta o della luce visibile da parte del campione. Generalmente vengono indagate lunghezze d’onda che vanno dai 200 ai 280 nm poiché molti gruppi funzionali dei composti organici assorbono in questa regione. La sorgente usata può essere il mercurio ma si usano anche filamenti in tungsteno o deuterio equipaggiati con filtri di interferenza che eliminano le radiazioni indesiderate. I rivelatori spettrofotometrici sono molto più versatili di quelli fotometrici e sono quelli più usati negli strumenti a più alte prestazioni. Spesso sono strumenti detti a diode array che possono mostrare l’intero spettro di assorbimento di un analita che entra in colonna. Un altro tipo di rivelatore che ha trovato molte applicazioni si basa sul cambiamento dell’indice di rifrazione del solvente causato dalle molecole di analita. In contrasto con la maggior parte dei rivelatori precedentemente indicati, questo è meno selettivo perché l’indice di rifrazione è in generale meno specifico per le varie sostanze e può essere influenzato anche da soluti presenti nella fase mobile. Lo svantaggio di questo tipo di rivelatore è inoltre una limitata sensibilità, oltre che la poca selettività.

 

 

Altri tipi di rivelatori, usati comunque raramente, sono quelli che si basano sulla misura della conducibilità della fase mobile, e quelli che eseguono misure potenziometriche e amperometriche. In Figura 5 è rappresentato lo schema di un rivelatore amperometrico.

 

HPLCDI ADSORBIMENTO

I principi su cui si basa la cromatografia di adsorbimento sono stati già trattati nella parte generale. Si può operare in fase normale o in fase inversa in funzione del materiale che si usa per la fase stazionaria. La fase stazionaria può essere caratterizzata, in relazione alla sua struttura fisica, in due categorie:

1.    materiale poroso sia in superficie che all’interno contraddistinto in

1      microporous, se la dimensione vana fra 5-10 mm;

2      macroporous, se la dimensione varia fra 50-100 mm

2.    materiale, di dimensione compresa fra 20-40 mm, compatto nella parte interna e con una pellicola porosa in superficie dello spessore compreso fra 1-2 mm, che viene definito pellicular.

 

I macroporous e i pellicular vengono generalmente utilizzati per cromatografie preparative.

I materiali più comunemente utilizzati sono: gel di silice, allumina, poliamidi, cellulosa, acetato di cellulosa, chromosorb (polimeri del vinil- e divinilbenzene).

HPLC Dl RIPARTIZIONE

Per questo tipo di cromatografia la fase stazionaria é costituita da un liquido che può essere legato ad un supporto inerte fisicamente o chimicamente. Nel caso in cui la fase stazionaria è legata fisicamente, può verificarsi un trascinamento di essa da parte della fase mobile; per evitare questo, che porterebbe ad una cromatografia non perfettamente efficiente si usa saturare la fase mobile con la fase stazionaria.

 

 

In generale per evitare trascinamenti della fase stazionaria si usa operare legando chimicamente la fase stazionaria inerte che in genere è costituita da gel di silice, in particolare vengono funzionalizzati in vario modo i gruppi silanolici

 

Alcuni metodi di funzionalizzazione vengono riportati nello schema seguente:

 

 

 

 

Se si adopera come fase stazionaria silice legata chimicamente con gruppi funzionali (bonded phase chromatography) si può operare sia in fase normale che in fase inversa in funzione della polarità dei gruppi legati al supporto, si avrà così:

 

1      fase normale: silice legata a gruppi cianopropilici;

2      fase inversa: silice legata a -C18, -C8, -fenile

 

L’ordine di polarità dei vari gruppi legati alla silice varia secondo la seguente scala di polarità:

 

-CN >  -NH2 > -C(CH3)2> -C8> -fenile

 

 

Si può operare sia in fase normale che in fase inversa, tenendo conto del tipo di fase mobile da usare in funzione del tipo di fase stazionaria.

 


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