Un Mondo Scomparso

 

 

Ti ricordi Raffaella?

Camminavamo scalzi
per non rovinar le scarpe
della festa
e nella pancia un buco
da tre ave maria
per aspettar la manna
del Signore.

La membrana rugosa
s'accagliava sul latte
munto dal vicino
che s'arricchiva
alla borsa del padrone.

Eravamo storpi e disonorati
al quartiere dei grattaceli,
io ero soubrette appesa
al gancio del macellaio,
tu eri un cetriolo
nella cesta del fruttivendolo,
i punti neri e il verde erano
i tuoi colori,
ci grattavamo solo al crepuscolo
d'ogni santo giorno comandato,
che i frati cappuccini ci facevano
grandi croci sulla testa:
i pidocchi proliferano
solo la domenica
in certe zone bombardate,
poi litri di flit a stantuffo
facevano il solletico
per i superstiti riottosi...
ma c'eravamo tutti
in cortile, la sera,
a chiacchierare di bene
e di male di ogni singola comare
e del marito suo
che faceva la corte alla lattaia
e di suo figlio... che lazzarone:
ancora senza figli da allevare.

Sprofondammo nel lusso
della scuola restaurata,
lì si, che ci mettevano le scarpe,
a cinghia i libri erano legati
le trecce di capelli
facevano corona,
le cimici intimidite dalla cultura
s'unirono ai pidocchi
e, in un falò di streghe,
si buttarono coi materassi
di crine di cavallo
e groppi di cuscini a piuma riciclata.

Beh... adesso son signora,
ho la lavatrice e la televisione,
mi gratto solo all'occasione...
tu riposi al bosco dei cipressi,
ma Dio, Dio mio
tornasse tutto come allora.
 
Donatella, 2005


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